3 Aprile 2015
Sondaggio sull’etichettatura dei prodotti

Il fatto che l’82 per cento degli italiani è disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine e provenienza italiana del prodotto alimentare che acquista e tra questi quasi la metà (40 per cento) è disposto a pagare dal 5 al 20 per cento in più e il 12 per cento oltre il 20 per cento, dimostra che in una situazione di difficoltà economica bisogna portare sul mercato il valore della trasparenza a vantaggio dei consumatori e dei produttori agricoli, con l’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza per tutti i prodotti alimentari.
E’ quanto afferma il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo commentando i risultati della consultazione pubblica on line sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal ministero delle Politiche Agricole che ha coinvolto 26.547 partecipanti dal novembre 2014 a marzo 2015.
Si tratta di una iniziativa promossa sulla base del regolamento comunitario che consente ai singoli Stati Membri di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti qualora i cittadini esprimano in una consultazione parere favorevole in merito alla rilevanza delle dicitura di origine ai fini di una scelta di acquisto informata e consapevole.
“Con il 96,5 per cento dei consumatori che ritiene necessario che l’origine debba essere scritta in modo chiaro e leggibile nell’etichetta il risultato in Italia non lascia spazio ad equivoci ed impegna le Istituzioni a introdurla dove ancora manca, dai formaggi ai salumi, dalle conserve ai succhi di frutta fino al latte a lunga conservazione - prosegue il Presidente Coldiretti - non è un caso che secondo la consultazione pubblica on line del Ministero l’89 per cento dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari, l’87 per cento per le carni trasformate, l’83 per cento per la frutta e verdura trasformata, l’81 per cento per la pasta e il 78 per cento per il latte a lunga conservazione. Da segnalare – continua la Coldiretti - che per l'84 per cento dei consumatori è fondamentale che nell’etichetta ci sia il luogo di trasformazione”.
Nel momento dell’acquisto per 8 persone su 10 è decisivo che il prodotto sia fatto con materie prime italiane e sia trasformato in Italia, a seguire il 54 per cento controlla che sia tipico, il 45 per cento verifica la presenza del marchio Dop e Igp, mentre per 3 su 10 conta che il prodotto sia biologico. Con l’entrata in vigore del Regolamento Ue 1337/2013 dal primo aprile 2015 è arrivato in Europa l’obbligo per gli operatori di indicare in etichetta il luogo di allevamento e di macellazione delle carni di maiale, capra, pecora e avicoli che rappresenta un nuovo passo avanti del cammino iniziato a livello comunitario dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d'obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell'ortofrutta fresca.
Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l'obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto. L’Italia sotto il pressing della Coldiretti è all’avanguardia in questo percorso: il 7 giugno 2005 è scattato l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco; dal 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy per effetto dell'influenza aviaria; a partire dal 1° gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

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