26 Gennaio 2016
Vino, da liberalizzazione Ue la nostra provincia rischia scippo da quasi 150milioni di euro

Sangiovese, ma anche Albana e Trebbiano a rischio scippo se dovesse passare la liberalizzazione proposta dalla Commissione Ue che consentirebbe a tutti di riportare in etichetta i nomi dei vitigni, sfruttando così il lavoro portato avanti in questi anni dai produttori del territorio. “Non è ammissibile consentire l’uso di denominazioni senza un riferimento geografico, basate solo sul nome del vitigno – tuona il Presidente Coldiretti Ravenna Massimiliano Pederzoli - verrebbe infatti a perdersi la storia e la tradizione che legano il vino al territorio da cui deriva, per questo è necessario venga stralciata la proposta di modifica del regolamento ipotizzata dalla Direzione Agricoltura e Sviluppo Rurale della Commissione europea”.

Il comparto vitivinicolo ravennate ha numeri importanti: detiene infatti una superficie vitata di circa 16 mila ettari, la più ampia dell’Emilia-Romagna, con una produzione totale in quintali pari a 3.605.590 (elaborazione Coldiretti su dati Istat 2014), un 25% della quale utilizzata per produrre vini DOC. Voce importante è quella dell’export che a livello regionale vale qualcosa come 390 milioni di euro, di questi il 35% ‘prodotti’ in provincia di Ravenna. I mercati di destinazione sono, a valore, Germania (49%), Usa (8%), UK (7%).
“Non possiamo permettere una banalizzazione delle nostre denominazioni conosciute all’estero proprio grazie al lavoro dei nostri vitivinicoltori – afferma Pederzoli - ci battiamo, dunque, affinché siano tutelate e valorizzate le peculiarità territoriali grazie alle quali il nostro vino è apprezzato e riconosciuto oltre i confini nazionali”.

In pratica, infatti, se passasse l’ipotesi di riforma, si andrebbe a consentire l’uso di denominazioni senza un riferimento geografico ma con solo il nome del vitigno, senza curarsi del fatto che la storia e la tradizione le abbiano legate ad un determinato territorio.

È evidente, rileva Coldiretti, che ciò danneggia fortemente il nostro vino e crea meccanismi di concorrenza sleale all’interno della Ue in quanto qualsiasi produttore straniero potrebbe immettere sul mercato generici vini “Sangiovese di Romagna” o “Albana”, godendo della notorietà delle rispettive denominazioni di origine (Doc e Docg) che hanno fatto conoscere questi prodotti nel mondo e danneggiando l’immagine degli stessi. “Il futuro della nostra agricoltura dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività territoriali – sottolinea Pederzoli – è assurdo, quindi, che l’Ue persegua la linea opposta, quella della standardizzazione spinta, dobbiamo dunque difenderci con ogni mezzo da questo tentativo di liberalizzazione incontrollata”.

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